La Fotografia ha in sé la caratteristica di incastonare in un’immagine non solo gli scenari naturali, ma anche la vita e le opere umane che in questi scenari sono incluse. Nonostante lo scorrere incessante del tempo (senza fretta, ma senza sosta, per dirla con Goethe) la fotografia sembra riuscire a bloccarne gli istanti come le parole scritte di un libro restano incise per sempre in esso.
Molti di noi amano la fotografia proprio perché può sostituirsi alle parole e, come le parole, raccontare gli avvenimenti, le storie, gli eventi che accadono.
Sfogliando questa preziosa raccolta di fotografie, realizzate da Michele Stanzione in occasione della candidatura a UNESCO Global Geopark che l’Ente Parco Regionale del Taburno Camposauro sta portando avanti, difficilmente ci si potrà sottrarre dalla suggestione di ricordi che però hanno anche, sia pure in forme diverse, significativi e vistosi legami con il nostro vissuto quotidiano. Si dice che la “fotografia abita il suo tempo”, ma non solo quello: queste foto, uniche nel loro genere, aspirano a diventare memoria e indelebile testimonianza della storia del parco del Taburno Camposauro e dei suoi geositi, restituendo agli osservatori un’immagine che racconta una realtà che probabilmente non sarà come quella che vediamo oggi.
Ci sono “scatti” di grande bellezza naturale che esaltano architetture e paesaggi presenti nell’area protetta, e con cui l’artista ha reso perfettamente riconoscibile il suo sguardo su questi luoghi che si apprestano a diventare patrimonio UNESCO. Il grande fotografo, Mario Giacomelli, diceva che ‘’la fotografia è una cosa semplice, a condizione di avere qualcosa da dire” e dietro le fotografie gioiose e malinconiche di Michele Stanzione ci sono tante storie da poter scoprire.
Costantino Caturano
Presidente dell’Ente Parco Regionale del Taburno Camposauro
Psiche e amore … l’eterno gioco che racconta la vita e rafforza la memoria.
Essere e divenire, natura e materia… elementi indispensabili per i racconti visivi di Michele Stanzione.
Nelle impossibili istantanee “raccontate”, c’è il gioco di eventi mentali in simultanea, dove si coglie il senso del divenire; “racconto” vitale di compresenze coinvolte in una verità sentita e partecipata.
Il sogno è attimo è il divenire di un’azione che racconta un pensiero, una storia: il racconto dell’anima.
Le luci nette, pulite e senza indugi, colgono il “segno”; tracciano, raccontano una storia fatta di luoghi e di paesaggi nei vari aspetti della natura, del tempo lontano ma presente che rasserenava e che, invece, visto attraverso un fermo immagine rivela che l’anima ha un senso se il racconto unisce, convergendo nei giochi dell’esistenza tutte le fughe labirintiche, le emozioni del pensiero affannato del nostro tempo. L’essere diventa evanescente, netto e preciso nella rappresentazione dell’attimo; mette le ali e vola divenendo materia e anima per poi appartenere infine ai sogni.
Il labirinto che attrae Michele Stanzione offre molteplici possibilità di attraversamento; sia con la ragione che con la materia, si palesa attraverso l’emozione di corpi. Corpi umani, passionali a volte eterei, che rasentano la perfezione ma che, attraverso i labirinti della mente si liberano in gesti che raccontano l’essere e il divenire, senza mai dimenticarne l’anima, il luogo, la natura, il paesaggio; racconti che uniscono il sogno alla realtà.
Il labirinto che Michele Stanzione pone allo spettatore si attraversa solo conoscendone la storia e la memoria dei luoghi e liberando la propria emozione come un bis/sogno indispensabile.
Rosanna De Cicco
Curatrice